Il Covid-19 non ha cancellato le malattie cardiovascolari
Il Prof. Antonio Giuseppe Rebuzzi, Responsabile del Centro Cuore della Mater Dei, è intervenuto al webinar “Obbligati a Crescere. Vaccino, come ricominciare” trasmesso in streaming sulle testate del gruppo Caltagirone Editore.
“Per ciò che riguarda le malattie cardiovascolari, soprattutto per l’infarto, è importante la tempestività” – spiega il Prof. Rebuzzi. “In questo periodo di pandemia c’è stata una riduzione del 60% dei ricoveri per malattie cardiache e una riduzione di circa il 50% dell’infarto acuto durante il quale recarsi subito in clinica significa avere una probabilità maggiore di salvarsi. Purtroppo però è aumentata la mortalità, questo anche perché le persone hanno paura di recarsi nelle strutture sanitaria. Teniamo conto che secondo i dati della Società Italiana di Cardiologia la mortalità per infarto si è triplicata rispetto all’anno precedente: si è passati dal 3% al 9%. Si sono ridotte, inoltre, in maniera molto significativa, quasi del 50% il numero delle angioplastiche, cioè gli interventi che devono essere fatti urgentemente per riattivare il flusso all’interno della coronaria”.
Questi dati non sono solo un problema italiano “un lavoro fatto a New York rivela che è quadruplicato il numero degli arresti cardiaci a casa rispetto all’anno precedente e la mortalità è aumentata di 8 volte. Quindi questo processo di paura generalizzata riguarda tutto il mondo. Teniamo conto che con il Covid le malattie cardiovascolari non sono diventate meno mortali, ma restano sempre la prima malattia che causa mortalità nei Paesi Occidentali”.
Lo stress è un cattivo alleato del cuore, “si è osservato che durante il periodo del Covid – continua il responsabile del Centro Cuore della Mater Dei – è aumentata dall’1,8% al 9% la sindrome di Takotsubo, detta anche strappacuore. Parliamo di una sindrome che colpisce principalmente le donne e viene causata dallo stress. Questa malattia è dovuta all’alterazione di piccoli vasi coronarici, per fortuna è molto meno mortale dell’infarto”.
La riduzione dei ricoveri per l’infarto è stata maggiore nelle donne rispetto agli uomini, “c’è uno studio del 2008 (Virgo Study) che già aveva dimostrato che in realtà le donne colpite da un infarto arrivano più tardi in clinica rispetto agli uomini. Oltre al problema della tempestività, la donna percepisce i sintomi in maniera diversa. Uno studio olandese ha dimostrato che le donne hanno, nel 30% dei casi, meno dolore rispetto agli uomini, nel 26% dei casi hanno meno sudorazione, in realtà le donne hanno una minore percezione di avere l’infarto. Se un uomo ha un dolore al petto la prima cosa alla quale pensa è l’infarto, se lo stesso dolore lo ha una donna, la prima cosa alla quale pensa è un tumore al seno”.
Il Prof. Rebuzzi conclude il suo intervento con un consiglio: “Vedere la vita con ottimismo, vedremo la luce in fondo al tunnel. Anche in cardiologia l’atteggiamento di ottimismo aiuta: c’è uno lavoro che dimostra che a dieci anni riduce la mortalità cardiovascolare del 22%”.